Nel 2006 Clint Eastwood girò in contemporanea due film su Iwo Jima. Il primo, Flags of our fathers, ruota attorno alla famosa (e falsa) fotografia del reporter dell'Associated Press Joe Rosenthal che ritraeva un gruppo di 6 marines mentre issavano la bandiera americana sul monte Suribachi.
L’altro film, che racconta la stessa battaglia vista però dalla parte dei giapponesi mandati a respingere l'invasione dell'esercito americano, è basato sulle lettere inviate dai soldati nipponici ai familiari e si intitola Letters from Iwo Jima.
Come dice lo stesso Eastwood: "Questi film raccontano entrambi la storia di Iwo Jima narrata attraverso due punti di vista differenti, quello americano e quello giapponese. Sono cresciuto guardando film di guerra dove – nella maggior parte dei casi – i protagonisti si dividevano tra buoni e cattivi. La vita e la guerra non sono così".
Ma è possibile apprezzare, a un livello più profondo, un differente “modo di vedere le cose” anche richiamando alla memoria un grande film del passato. Infatti, a proposito di Flags of our fathers, alcuni critici hanno visto un evidente riferimento a uno dei film western più famosi (e pessimisti) di John Ford: L’uomo che uccise Liberty Valance.
Nel 1962 un John Ford amaro e malinconico si interrogava sulla verità e la sua mitizzazione, con John Wayne e James Stewart (gli “uccisori” di Liberty Valance, il primo vero il secondo leggendario) che rappresentavano due momenti storici successivi dell'America: pioniere ed eroico uomo d'azione vecchio stampo dai modi spicci il primo, idealista servitore della comunità e ligio osservante della legalità il secondo.
Nel 2006 Clint Eastwood, con Flags of Our Fathers racconta non tanto la battaglia per conquistare l'isoletta di Iwo Jima quanto il valore simbolico che fu attribuito alla fotografia di Rosenthal. Ogni americano vi lesse l’orgoglio per il proprio Paese e la speranza di una vittoria vicina. E il Governo la usò astutamente a scopo pubblicitario per vendere buoni del Tesoro coinvolgendo, mentre ancora si combatteva, i tre superstiti di quell'impresa, oppressi dal senso di colpa di essere scampati ma obbligati a recitare il grottesco copione.
Come dice giustamente il Mereghetti "...a Eastwood interessa il meccanismo mediatico che trasforma un'immagine in un mito, anche se i fatti si sono svolti in modo molto diverso".
Il vero cuore del film, come in quello di Ford, è proprio qui, nel dualismo fra “leggenda” e “realtà”. Dove Eastwood si differenzia da Ford è nell'atteggiamento di fronte alla leggenda. Ne L'uomo che uccise Liberty Valance Ford sostiene che "...se la leggenda diventa realtà, vince la leggenda", cioè la leggenda vince se è più bella e rassicurante della verità storica.
Eastwood esprime invece tutta l’amarezza e la disillusione di un mondo che ha imparato a diffidare delle leggende.