Il giorno del suo tredicesimo compleanno Stanley Kubrick riceve in dono dal padre la sua prima macchina fotografica, una Graflex 33 mm.
Possiamo tranquillamente affermare che questo evento costituisca la svolta più importante della sua vita: seppur giovanissimo diventa un fotografo provetto ed esplora tutta New York a caccia di immagini, già dimostrando una ricerca spasmodica dell’inquadratura, una cura maniacale nella messa in scena ed un innato talento nel “fissare” il mondo attraverso la fotografia. Talento che travaserà anni dopo nei suoi film che, in effetti, potrebbero essere letti come una successione di singoli scatti.
Una di queste foto viene notata: si tratta dell’immagine di un venditore di giornali triste per la morte di F. D. Roosevelt; la rivista Look la compra per 25 dollari.
E’ risaputo che Kubrick riuscì a convincere l’edicolante ad assumere un’espressione affranta. Ma poco importa: qui è già chiara la sua capacità manipolatoria finalizzata al racconto di una storia.
A diciassette anni viene assunto nello staff di Look come apprendista fotografo.
Kubrick così ricorda quel periodo:
"C'è un aforisma assai noto che dice che quando un regista muore diventa un fotografo. E' un'osservazione acuta ma un po' superficiale e di solito proviene da quel tipo di critici che si lamentano perché un film ha una fotografia troppo bella. Ad ogni modo ho iniziato come fotografo. Ho lavorato per la rivista Look dai diciassette ai ventuno anni. [...] Quell'esperienza per me ebbe un valore inestimabile, non solo perché imparai un sacco di cose sulla fotografia, ma anche perché mi fornì una rapida educazione su come andavano le cose nel mondo. [...] Mi divertivo tremendamente a quell'età, ma alla fine quegli abiti mi diventarono stretti, specialmente perché la mia massima ambizione era sempre stata quella di fare del cinema. I soggetti che Look mi assegnava erano in genere abbastanza stupidi. [...] Occasionalmente avevo l'opportunità di fare una storia interessante su qualche personaggio. Una di queste fu su Montgomery Clift, che era agli inizi della sua brillante carriera. La fotografia certamente mi fece compiere il primo passo verso il cinema. Per girare un film interamente da soli, come feci inizialmente io, si può non saperne molto di tutto il resto, però bisogna conoscere bene la fotografia".
Ma qual è la cifra stilistica di Kubrick fotografo ? Lasciamo parlare ancora Kubrick:
“Mi è sempre sembrato che la vera e realmente artistica ambiguità […] sia la forma espressiva più perfetta, per diversi motivi. Primo: a nessuno piace che gli venga detto qualcosa. Poi, a nessuno piace che qualcuno gli dica la verità di ciò che sta accadendo. E forse, cosa ancora più importante, nessuno sa cosa è vero o cosa sta accadendo. Io credo che l’ambiguità davvero perfetta sia qualcosa che ha diversi significati, ognuno dei quali potrebbe essere vero e che spingono contemporaneamente gli spettatori, da un punto di vista emotivo, nella direzione verso la quale tu vuoi si muovano. Di contro penso che ogni affermazione letterale, piatta e chiara sia, dal canto suo, falsa e non avrà mai il potere che ha un’ambiguità perfetta”.
In questa frase, tratta da un’intervista rilasciata nel 1960 al quotidiano inglese The Guardian, c’è tutto il cinema di Kubrick.